Il contenuto violento di sintomi psicotici lievi

 

 

GIOVANNA REZZONI

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XIV – 25 giugno 2016.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

Con i cambiamenti seguiti alla riforma legale dell’intervento psichiatrico introdotta dalla legge 180 del 1978 e, soprattutto, con l’affermarsi e il diffondersi della conoscenza neuroscientifica degli ultimi due decenni, si sono registrati progressi anche nella concezione forense della malattia mentale. Oggi non accade più, come accadeva in passato, che un magistrato ingiunga ad uno psichiatra di stabilire con certezza se un paziente compirà o meno atti aggressivi potenzialmente criminosi, non accettando una stima di probabilità basata sulle caratteristiche generali del suo disturbo e variabile per numerosi fattori poco ponderabili, incluse circostanze ambientali ed eventi stressanti imprevisti. Oggi, infatti, è cultura comune che il comportamento umano, in condizioni di fisiologia e di patologia psichica, è soggetto ad influenze varie per qualità e quantità, che possono modellarne gli esiti ben oltre l’orizzonte di una ragionevole ma superficiale analisi sociologica delle condotte[1].

È vero che in alcuni casi di psicosi e di altre forme di patologia psichica grave l’irrigidimento e la semplificazione dei processi psichici secondo un canovaccio patologico caratteristico - costante e spesso trans-culturale - è tale da consentire sulla base della descrizione sindromica accademica una previsione estesa ed accurata del funzionamento psichico, degli atteggiamenti mentali e del comportamento. Ma è anche vero che, al di fuori di questi casi, la previsione del comportamento sociale e delle dinamiche derivanti dall’interazione nelle condizioni di vita reale, e non nel setting artificiale del rapporto terapeutico, sono difficili da prevedere, e il comportamento aggressivo, quando non si tratti di un “passaggio all’atto” nel corso di crisi psicotiche, lo è ancora di più, e particolarmente in pazienti in trattamento farmacologico cronico.

Dopo aver preso atto della difficoltà di prevedere in generale particolari esiti comportamentali[2], si è andata affermando l’esigenza di migliorare la conoscenza delle manifestazioni sintomatologiche per migliorare la comprensione prognostica non solo riguardo agli sviluppi individuali del disturbo, ma anche in rapporto all’evoluzione comportamentale nelle relazioni sociali e con l’ambiente.

Tradizionalmente il rapporto fra disturbi psicotici e violenza è stato studiato concentrando l’attenzione sui fattori ritenuti suscettibili di accrescere la probabilità che un paziente affetto da una data forma di psicosi, quale la schizofrenia, la psicosi maniacale o il disturbo bipolare, compia un atto violento[3]. Un’area quasi inesplorata della ricerca psichiatrica riguarda il contenuto violento di sintomi “positivi” sottosoglia. Marshall dell’Hotchkiss Brain Institute dell’Università di Calgary (Canada) e tredici colleghi provenienti da undici diversi istituti di prestigiose università statunitensi, hanno indagato il contenuto violento nei “sintomi psicotici attenuati”, fornendo un interessante resoconto (Marshall C., et al. The Violent Content in Attenuated Psychotic Symptoms. Psychiatry Research 242: 61-66, 2016).

Gli autori fanno capo a 12 diversi istituti scientifici, fra i quali: Department of Psychiatry, University of California at San Diego, La Jolla, California (USA); Hotchkiss Brain Institute, Department of Psychiatry, University of Calgary, Calgary, Alberta (Canada); Department of Psychiatry, Yale University, New Haven, CT (USA); Department of Psychiatry, University of North Carolina, Chapel Hill, NC (USA); Department of Psychiatry, Harvard Medical School, Boston, Massachusetts (USA); Department of Psychiatry, University of California at San Francisco, and SFVA Medical Center, San Francisco, California (USA).

Lo scopo degli autori dello studio qui recensito era la conduzione di un’analisi esplorativa del contenuto violento nei cosiddetti APS (attenuated psychotic symptoms) di persone ad alto rischio clinico di psicosi (CHR, da clinical high risk) il cui esame psichiatrico soddisfaceva i criteri della sindrome da sintomi psicotici attenuati (APSS, da attenuated psychotic symptom syndrome).

Marshall e colleghi hanno esaminato un considerevole campione di persone CHR, ossia ad alto rischio clinico di psicosi, mediante la Structured Interview for Prodromal Syndromes, che ha consentito loro di determinare i sintomi psicotici attenuati (APS) in 442 volontari. Il contenuto di tali sindromi è stato descritto in sintesi grafiche esaustive. La codificazione del contenuto di questi sintomi è stata ottenuta impiegando il Content of Attenuated Positive Symptoms Codebook. Fra le altre valutazioni vi sono state quelle dei sintomi clinici, del funzionamento mentale, delle convinzioni personali (credenze) e delle esperienze traumatiche.

Gli individui con contenuti violenti presentavano un grado più elevato di sintomi psicotici attenuati, maggiori convinzioni negative circa se stessi e gli altri, e un’accresciuta tendenza al bullismo. Gli stessi risultati, con punteggi più alti nelle stime dei sintomi legati all’ansia, sono stati rilevati quando i partecipanti con violenza auto-diretta sono stati paragonati ai volontari privi di contenuti violenti.

L’osservazione di Marshall e colleghi ha rilevato che gli individui che riportano contenuti violenti differiscono nella loro presentazione clinica da quelli che non fanno esperienza di tale tipo di contenuti. Eventi e circostanze avverse della vita, come l’esperienza della prepotenza e della crudeltà in condizioni di debolezza, possono condizionare la presenza di contenuti violenti nei sintomi psicotici attenuati.

Gli autori dello studio concludono che ricerche future dovranno esplorare i contenuti violenti in rapporto al comportamento materialmente posto in essere dalle persone CHR affette da APSS.

Per quanto ci riguarda, riteniamo che i risultati di questo studio confermino l’importanza di studiare i sintomi psicotici attenuati, ma non tanto col mezzo di interviste standardizzate rivolte a centinaia di pazienti in decine di istituti per avere generiche conferme dell’ovvio secondo una forma che ha parvenza di scientificità, ma approfondendo la conoscenza diretta delle persone, in un’impresa che richiede un notevole investimento di tempo da parte di professionisti di alta qualificazione, grande esperienza e sensibilità umana.

 

L’autrice della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza ed invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Giovanna Rezzoni

BM&L-25 giugno 2016

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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[1] Nozioni di base relative alla concezione psicologica del funzionamento psichico umano sono ormai patrimonio comune. A cominciare dalla legge della dissonanza cognitiva di Leon Festinger fino alle tendenze psichiche inconsapevoli (bias) di più recente individuazione, grazie alla formazione psicologica scolastica e universitaria, costituiscono un punto di partenza per una concezione complessa e problematica della mente, le cui prestazioni sono solo apparentemente rese omogenee dall’omologazione socio-culturale imposta da ruoli e modelli, e dall’uniformità comportamentale generata dall’emulazione e rafforzata dall’abitudine.

[2] Si pensi ai disturbi psichici e alle condotte sociopatiche che si accompagnano alla tossicodipendenza: quali fattori non intrapsichici determineranno l’esito comportamentale? L’estrazione sociale sembra essere un buon indice, eppure accade in tutto il mondo che giovani provenienti da famiglie di alto livello socio-economico diventino a volte spacciatori e criminali o che ragazzi provenienti da aree degradate rimangano vittime e non cedano alle pressioni ambientali.

[3] Si è volutamente omesso il caso degli “psicopatici” e della “psicopatia”, categoria esclusa dal DSM-5 ma realmente esistente, come ha dimostrato la ricerca neuroscientifica sul loro cervello, perché costituisce un capitolo distinto che richiede una specifica trattazione, per la quale si rimanda agli scritti pubblicati in passato sul nostro sito web.